C’è un’Italia che torna sul palcoscenico più importante, e lo fa da protagonista: è l’Italia che si è presentata col presidente Renzi all’assemblea generale delle Nazioni Unite, pronta a fare la sua parte per contribuire attivamente alla ricerca di un nuovo ordine globale e per rilanciare il ruolo politico dell'Europa.
Le parole del Presidente Renzi all’Onu sono infatti l’emblema di un approccio europeo e globale dispiegato fin dai primi giorni del nostro governo. Una azione globale che, a partire dall’interesse nazionale, sia in grado di muoversi entro alcuni assi prioritari ben definiti, primo tra tutti quello europeo.
La cornice dell’Assemblea generale di New York è quanto mai significativa, poiché i principi che guidano l’azione del Governo sono scritti da settant’anni nella Carta delle Nazioni Unite. L’orizzonte entro cui vogliamo muoverci rimane quello, ma l’Italia è determinata a fare sentire la propria voce nella gestione degli affari internazionali più importanti, a partire da quelli che ci toccano da più vicino: vogliamo tornare ad avere un ruolo decisivo nella definizione dello scenario globale.
Un grande studioso come Hedley Bull sosteneva diversi anni fa che “(…) la giustizia, in ogni sua forma, è realizzabile solo in un contesto di ordine”. Il punto è che viviamo in una costante evoluzione, in una costante ricerca degli equilibri, e a mio avviso siamo ancora alla ricerca di un ordine dopo che il crollo del Muro di Berlino chiuse quella pagina di storia: una storia che non finì, come troppo facilmente alcuni avevano preconizzato, e che ora si manifesta nella sua nuova complessità.
Esiste un filo rosso che collega ogni azione del Presidente Renzi e del nostro paese, dal febbraio 2014 ad oggi: la volontà di contribuire a promuovere una governance multilaterale e inclusiva dei processi internazionali.
Questo significa coinvolgere prima di tutto l’Unione Europea, e il modo in cui stiamo affrontando la questione dei migranti ne è un chiaro esempio. Troppo spesso l’Europa ha dato l’impressione di preoccuparsi di più delle proprie sfibranti polemiche interne, rinunciando a esercitare un ruolo politico incisivo sulle vicende a lei più vicine. Il governo italiano ha scelto invece di scommettere sulla possibilità dell’Europa di tornare a far sentire la propria voce sugli affari internazionali, e siamo convinti di poter vincere questa scommessa.
La sfida di oggi, infatti, è quella di rispondere alle minacce del disordine globale che si palesa in forme sempre diverse. Una sfida che non possiamo pensare di vincere se non essendo parte di una rivitalizzata comunità internazionale. Non ci è richiesto di pensare sempre allo stesso modo – Benjamin Franklin sosteneva che se tutti la pensano allo stesso modo, nessuno sta pensando – ma di agire insieme, questo sì.
Ecco perché è estremamente importante che a New York si stia riscoprendo il valore dei meccanismi di dialogo a disposizione della comunità internazionale: gli sforzi del governo italiano, d’altra parte, vanno in questa direzione. Pensiamo alla Libia: un approccio equilibrato, con il coinvolgimento di quanti più attori, è fondamentale per risolvere una situazione divenuta ingestibile a causa degli errori commessi da altri nel recente passato. Come il presidente Renzi ha affermato, l’Italia è pronta ad assumere un ruolo di guida nel processo di stabilizzazione della Libia e dell’area Mediterranea, per noi decisiva sia in termini di sicurezza e sviluppo.
E naturalmente, pensiamo alla Siria: è chiaro ed evidente che sia necessaria una transizione ben gestita a Damasco, così come è altrettanto chiaro che non si può pensare di escludere la Russia dalla partita. Dobbiamo coinvolgere tutti gli attori rilevanti nella regione: quella è, a nostro avviso, la strada da seguire.
Di fronte all’avanzare dell’Isis, di fronte a una minaccia verso quei valori fondanti della nostra comunità, siamo chiamati a uno sforzo di cooperazione ancora maggiore. All’Onu Barack Obama ha detto che l’Isis è accerchiato e verrà sconfitto: questo accadrà solo se tutti gli attori coinvolti, direttamente o indirettamente in Medio Oriente, sapranno unire le forze contro i nazisti islamici.
Questi sono i fronti più caldi, ma non dobbiamo dimenticare che l’azione italiana e soprattutto europea deve svolgersi anche in quelle zone che troppo spesso rischiano di passare in secondo piano: penso all’Africa sub-sahariana, che è un asse prioritario per il governo italiano e deve diventarlo anche per la Ue poiché è lì che si decidono partite fondamentali quali immigrazione, gestione energetica, commercio e sviluppo. E presto in ambito europeo si dovrà tornare a discutere anche di Turchia: una questione più che mai attuale, da approfondire e rivedere in vista del prossimo rapporto sull’allargamento.
All’Assemblea generale delle Nazioni Unite la voce italiana è tornata a farsi sentire: il nostro Paese è pronto a dare il suo contributo, nella Ue e insieme alla Ue, per ridisegnare un nuovo ordine globale che possa garantire equilibrio e stabilità. La sfida è appena cominciata.
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