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L’immigrazione si governa solo con una politica comune
Intervento pubblicato sul Corriere della Sera di giovedì 29 ottobre 2015
 

In Europa, non c’è posto per nuovi muri o per il filo spinato. In Europa, non vogliamo più vedere treni carichi di rifugiati bloccati in una campagna sperduta nel mezzo del nulla. In Europa, non possiamo più accettare questo rigurgito di razzismo, egoismo, violenza e discriminazione contro persone che scappano dal terrorismo, dalla persecuzione e dalla guerra. Un anno fa, sotto la Presidenza italiana, abbiamo lanciato un nuovo processo per monitorare il rispetto dello Stato di diritto all’interno dell’UE, alla luce della nostra Carta dei Diritti Fondamentali. Nel mese di novembre, terremo il primo dialogo politico annuale su questo e siamo convinti che un’aperta e franca discussione sul se e come i diritti fondamentali siano stati rispettati pienamente nel corso della crisi migratoria sia altamente necessaria.

Sessant’anni fa i nostri Paesi fecero un passo decisivo per ricostruire l’amicizia e la cooperazione tra loro. L’accordo italo-tedesco sull’immigrazione firmato nel 1955 anticipò di due anni la storica decisione di assicurare la libertà di circolazione ai lavoratori dei paesi fondatori della Comunità Economica Europea. A dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale, due giovani democrazie europee decidevano di condividere un destino – sulla base di valori comuni e dei diritti fondamentali – e di stringere i loro legami in modo irreversibile. L’interdipendenza, la fiducia reciproca e la comprensione, una forte volontà politica ed una ferma determinazione resero possibili questi passi. Insieme, decidemmo di offrire ai nostri cittadini nuove opportunità. Quell’accordo fu un vero e proprio successo.

Sessant’anni dopo, l’Italia e la Germania sono paesi differenti, che hanno davanti a sé nuove sfide, come quella della migrazione dall’Asia, dell’Africa e del Medio Oriente. Ma i valori condivisi restano gli stessi. Libertà, rispetto per la dignità umana e vocazione europea sono ancora i fari di un’azione politica congiunta. I flussi migratori non sono un fenomeno temporaneo. Rappresentano la sfida politica più grande per gli anni a venire. Come singoli Stati nazionali, non saremo mai in grado di affrontarli. Sessant’anni dopo, dobbiamo mostrare lo stesso coraggio e la stessa lungimiranza di allora, e dobbiamo costruire una nuova politica comune europea per governarne la migrazione sulla base di una responsabilità e solidarietà comuni. Per far ciò, dobbiamo rivedere le cosiddette regole di Dublino, che hanno dato ampia prova di essere inadeguate.

Per coloro che sono cauti sulla materia, la nostra risposta è semplice. Dobbiamo rendere effettivo l’accordo europeo basato su miglior controllo delle nostre frontiere esterne, redistribuzione dei rifugiati all’interno dell’UE, politiche dei rimpatri più efficienti, e su una nuova cooperazione internazionale con i Paesi di origine per cogestire i flussi migratori. Ma nel far questo, non dobbiamo mai perdere di vista la ragione fondamentale più profonda della nostra Unione: il rispetto della dignità umana e dello Stato di diritto. L’UE è molto più che un Mercato Unico, è prima di tutto una Unione di valori.

L’anno scorso, ci siamo incontrati in Germania per celebrare il venticinquesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. Nel 2017, festeggeremo i sessant’anni dei Trattati di Roma. L’anniversario di Roma rappresenta un’opportunità unica per riformare l’Europa e per procedere velocemente ed efficacemente verso una Unione che sia veramente politica e democratica. Ma se vogliamo veramente avere qualcosa da celebrare, allora dobbiamo essere molto chiari sui nostri valori.

Non è questo il tempo per l’ambiguità o per il cinico pragmatismo. Essere “timidi” o “realistici” sui valori fondamentali può solo aprire la strada al populismo, il nazionalismo e l’estremismo. È una questione di credibilità comune. L’UE non può voltare le spalle ai propri valori fondamentali. Altrimenti, non ci dovremmo sorprendere se i cittadini decidessero di voltare le spalle all’UE. Siamo cittadini europei e la cittadinanza europea porta con sé responsabilità comuni. Ancora oggi, anche in Europa, quel che disse JF Kennedy ha grande valore: i diritti di tutti vengono messi in pericolo quando sono minacciati i diritti di un solo uomo.

Sandro Gozi*
Michael Roth**

*Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per gli Affari Europei
**Ministro federale aggiunto per gli Affari Europei


 
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