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Speaking poins SS Gozi per evento sulla cultura a Cesena.
Cesena, 14 Novembre 2014 – Palazzo del Ridotto
 

Per parlare di cultura non potevamo scegliere una cornice migliore. È davvero una felice coincidenza quella che ci permette di tenere questo incontro circondati dalle tele dell’artista Silvano Barducci.

Come sta la cultura? Da un lato, sono soddisfatto perché nel nostro paese sta riemergendo la volontà di investire sull’attività culturale: si tratta di una chiara scelta politica. Ricordate quando Giulio Tremonti con disprezzo invitava a “farsi un bel panino con la Divina Commedia”, intendendo che con la cultura non si mangiava? Ecco, quello è esattamente ciò che non vogliamo replicare. Quello era un approccio rozzo e indegno della storia e delle potenzialità del nostro paese.

Dall’altro lato, tuttavia, sono costretto a dire che ancora è stato fatto troppo poco per la cultura. Questi terribili anni di crisi hanno fiaccato la coscienza del nostro paese: sono venute a mancare le certezze fondamentali (il lavoro, le risorse, la sicurezza sociale) ma soprattutto si è diffusa una sfiducia generale che ha indebolito l’attenzione dei cittadini verso le attività culturali. E troppo spesso la cultura e’ stata vista come un’occasione di distribuzione di cariche e stipendi piuttosto che una risorsa italiana da valorizzare. Nessuno possiede un patrimonio culturale come il nostro ma purtroppo dobbiamo ammettere che molti paesi saprebbero trarne un giovamento molto maggiore di quello che facciamo noi.

Qui però la politica ha il dovere di intervenire. Alla Leopolda il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha citato una frase bellissima di Winston Churchill. Nel momento più duro della seconda guerra mondiale, i generali inglesi andarono da Churchill chiedendogli di tagliare le spese per la cultura e investendo nell’apparato bellico. E Churchill rispose: e allora per cosa combattiamo? Parole ben lontane dai tempi bui del forzaleghismo nostrano, ma che ci insegnano che la cultura deve essere una ragion d’essere della sinistra. Abbiamo il dovere di investire sulla cultura. Di garantire un’offerta artistica degna di questo paese. E di dimostrare che la cultura fa bene all’economia, così come fanno bene all’economia americana, francese e inglese il Metropolitan, il Moma, il Louvre e la National Gallery. Ed è per questo che ogni governo nazionale, ogni amministrazione regionale, ogni amministrazione comunale devono sentire come un’urgenza quella di garantire ai propri cittadini la fruizione di mostre, musei, concerti, eventi, di alto livello.

E lo stesso deve fare l’Europa. L’unione europea si è dotata di uno strumento molto valido che si chiama strategia Europa 2020, con l’obiettivo di garantire una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. All’interno di questa strategia, il contributo che può dare il patrimonio culturale è enorme. Non solo in termini di offerta culturale: città e regioni europee con una vita artistica vivace sono città ricche, nelle quali si sta bene e nelle quali il capitale umano è migliore. Ma non va assolutamente escluso l’impatto in termini economici della cultura: ad agosto i turisti stranieri hanno speso 4.3 miliardi di euro in Italia, attratti dalle nostre bellezze e da ciò che possiamo offrire. Altro che non si mangia! Se ben impiegate, le risorse per la cultura possono avere un ritorno economico molto favorevole. Ecco perché la revisione di Europa 2020 può e deve rappresentare il contesto giusto nel quale inserire nuove e innovative strategie di promozione culturale. La presidenza italiana si sta impegnando affinché questo processo di revisione sia più efficace possibile: e io sono convinto che nel 2015, quando la revisione entrerà nella fase ufficiale, ci sarà spazio per includere anche la cultura tra i fondamentali strumenti di crescita.

Ciò detto, non a caso teniamo questa importante iniziativa a Cesena. La nostra città infatti è a un bivio, e la Malatestiana ne è la metafora perfetta: ricordo quanto impegno per farla divenire “Memoire du Monde” negli anni passati, insieme agli sforzi fatti per portare a termine il progetto della nuova Malaestiana. Oggi abbiamo di fronte un grande e innovativo contenitore a disposizione di tutti, e valorizzarlo con iniziative e incontri è importante. Mi chiedo però se sia tutto qui. Mi chiedo, in altre parole, se la funzione della Malatestiana sia quella di essere una struttura facilmente fruibile per la città, o se debba essere di più. Molto di più.

Quello che serve è un progetto culturale forte capace di unire la sua funzione di biblioteca di pubblica lettura, di conservazione del patrimonio librario antico, e di luogo fruibile da tutti. È possibile fare della Malatestiana un grande istituto culturale attraverso un progetto organico, che possa renderla davvero un’attrazione capace di calamitare studiosi e semplici turisti da tutto il mondo?

È ovvio che serve investire, ed è altrettanto ovvio che le risorse dei comuni e degli enti territoriali sono scarse, specialmente di questi tempi. Ma proprio per questo la politica deve essere in grado di prendere decisioni coraggiose: Cesena ha tutto per essere un’eccellenza dal punto di vista culturale. Ma deve volerlo. Ogni volta che sfoglio un giornale locale, immancabilmente mi trovo davanti pagine e pagine sul parcheggio di Piazza della Libertà. Un problema che va affrontato, ma il destino di una città non può esaurirsi nel dibattito su un parcheggio o sul senso di circolazione di una strada. Se quello che sappiamo elaborare fosse tutto qui andremmo incontro a un rapido declino della società locale, che senza sbocchi culturali di alto livello – e mi riferisco a iniziative culturali e artistiche di caratura nazionale e, perché no, internazionale – rischia di chiudersi a riccio nei provincialismi.

A me sembra che in questi ultimi anni la cultura a Cesena non abbia ricevuto l’attenzione che merita. E mi dispiace sinceramente, poiché credo che la nostra città abbia tutte le carte in regola per competere con le migliori realtà europee in quanto a cultura. Cesena può diventare un crocevia della cultura internazionale e non sto scherzando. Ha le forze e le risorse per riuscirci. Quello che le manca, forse, e’ il coraggio di osare. Nessuno ha una biblioteca Malatestiana come la nostra. Pochi hanno un centro cinema come il San Biagio, presenza fissa ai migliori festival del cinema internazionali. Tutti gli artisti che vengono a Cesena rimangono estasiati dal nostro Teatro Bonci. Non serve essere particolarmente originali, ma bisogna essere coraggiosi. Confinare istituzioni come queste - penso anche alla nostra pinacoteca – a un ruolo minimalista come è stato negli ultimi anni, è un vero peccato. Dobbiamo interrogarci di più sulla nostra politica culturale. Devono farlo i cittadini e le istituzioni, devono farlo le forze di centrosinistra, e in particolare il partito democratico, dobbiamo occuparci della cultura con la c maiuscola, che attrae e lascia senza fiato per la bellezza delle sue opere. Ecco, io credo che la cultura debba essere la variabile indipendente della nostra equazione. Se confinata a ruoli ancillari, incastonata nei festival enogastronomici, pure fondamentali, che valore aggiunto può avere?

Il senso della nostra iniziativa è che pensare in grande è fondamentale. Limitarsi alla gestione dell’ordinario, in una città gioiello come Cesena, ma pur sempre una piccola città, rischia di lasciar scivolare nell’indifferenza il vero senso della cultura. Fino a pochi anni fa si tenevano notti bianche da decine di migliaia di persone, che venivano da tutta la regione: Cesena deve avere la sfrontatezza di esprimere tutto il potenziale che ha. Proprio questo pomeriggio abbiamo presentato una mostra dedicata a Ilario Fioravanti: un artista romagnolo che conosciamo bene, nato nella mia sogliano. Ecco, questa mostra sarà a Bruxelles con il patrocinio della presidenza italiana. È stato facile portarla nel cuore dell’Europa? No, ma non ci siamo scoraggiati e tutti i cittadini europei di passaggio a Bruxelles potranno ammirare i suoi tarocchi. Questa è Cesena che si apre al mondo e dimostra che la cultura funziona eccome. Dobbiamo crederci, e ce la faremo.


 
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