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Europa, quegli scossoni che facilitano il rilancio di una nuova governance
 
Editoriale pubblicato sul Sole 24 Ore del 28 maggio 2015
 

All'interno dell'Unione tutte le crisi portano sempre allo stesso punto: per salvare l'Europa bisogna cambiarla radicalmente. E mai un momento si è rivelato più adatto di questo per riuscirci. L'Europa ha bisogno di più consenso, di più politica, cioè, in definitiva, di un modo di funzionare diverso da quello attuale.

L'Europa ha bisogno di una nuova governance, e quando abbiamo cominciato a lavorare sulle nostre proposte in materia, alla fine di dicembre 2014, non immaginavamo certo che le avremmo rese pubbliche in un momento così critico, ma anche così pieno di opportunità. La combinazione della crisi greca, della (giusta) reazione agli eccessi dell'austerity in Spagna, delle spinte nazionalistiche che si riaffacciano in Polonia, della volontà britannica di ridiscutere il trattato con l'Unione, facilita la discussione intorno a una nuova governance, piuttosto che complicarla.

La realtà non ammette temporeggiamenti. Dobbiamo cambiare l'Europa, dobbiamo mostrare ambizione politica, coraggio, visione del futuro. Il primo cambiamento che proponiamo comincia da un governo dell'euro più democratico, da politiche comunitarie più efficienti e più solidali. Attualmente infatti, l'Europa è zoppa. Ha una moneta unica ma senza unione economica. La gestione della moneta riflette molto più gli egoismi nazionali che l'interesse continentale. La zona euro deve fissare obiettivi di crescita e investimenti comuni, cioè una vera fiscal stance, sostenuta da un bilancio specifico, gestito in modo più efficiente, meno frammentato, sotto controllo democratico. Non si può chiedere a tutti i paesi di fare la stessa cosa, indipendentemente dalle situazioni reali.

Se è vero che l'Italia deve proseguire nelle riforme e nella revisione della spesa, è altrettanto vero che la Germania dovrebbe fare più investimenti e la Grecia modificare il suo sistema fiscale e la sua amministrazione. Ognuno dovrebbe contribuire per la sua parte al raggiungimento degli obiettivi economici e sociali della zona euro. Invece, finora l'Europa è stata solo, e troppo, concentrata sulla stabilità fmanziaria. Dobbiamo correggere questo strabismo connuove politiche sociali, a cominciare, per esempio, da un'assicurazione europea contro la disoccupazione. Ci serve anche un presidente della zona euro a tempo pieno, così come una rappresentanza unificata e coerente dell'euro sulla scena internazionale. È evidente che per avere un bilancio unico dell'euro e una politica sociale europea le istituzioni europee devono cambiare pelle. Il concetto che se ognuno tiene in ordine lapropria casa la città funzionerà è sbagliato alla radice, perché se nessuno si cura di illuminazione, decoro, manutenzione delle strade e raccolta deirifiufila città cadrà a pezzi comunque. Modificare le istituzioni europee non è un passaggio così arduo come potrebbe sembrare. Basterebbe attivare la clausola del Trattato di Lisbona che riguarda la cooperazione rafforzata. Si tratta della possibilità per alcuni paesi di avanzare nell'integrazione europea senza che altri possano mettere veti. Cooperazione rafforzata, per il governo italiano, vuol dire anche aumento esponenziale del livello democratico delle istituzioni europee e del controllo parlamentare su di esse.

Finora abbiamo subito il paradosso di presidenti del consiglio europeo che anziché usare le istituzioni esistenti dell'Unione, hanno privilegiato il lavoro dietro le quinte e i metodi diplomatici ereditati dalle riunioni del G20. In pratica, i presidenti del consiglio europeo hanno dimostrato per primi sfiducia nelle istituzioni europee. Le decisioni rilevanti per tutti i paesi e i popoli europei non possono essere decise in segreto. Sia la discussione che le soluzioni che vengono adottate devono tornare all'interno delle istituzioni europee e del metodo comunitario che in passatoci ha permesso di raggiungere grandi risultati. Il Regno Unito sta chiedendo di rinegoziare il suo rapporto con l'Ue e, implicitamente, anche di riformare l'Unione.

Bene, è un'altra opportunità. Già oggi i vari paesi stanno in modo diverso dentro l'Ue. C'è chi aderisce a Schengen, ma non all'euro, chi aderisce a entrambi o chi aderisce all'Unione ma non a Schengen. Una nuova governance potrebbe tenere conto di queste diversità, costruendo attorno all'euro un nucleo più forte tra chi vuole aumentare il livello di integrazione politica, economica e sociale, e un rapporto meno stretto con chi, come il Regno Unito, è interessato a completare il mercato unico, il mercato dell'energia, il mercato digitale e quello finanziario. Una nuova governance deve essere semplicemente rispettosa della volontà dei popoli, delle diversità e delle opportunità.

Stando bene attenti a gestire le diversità senza creare nuove barriere o divisioni. L'Unione è nata per abbatterle, non per crearne di nuove. E potrà prosperare, meglio di adesso, se saprà fare della democratica gestione della complessità la sua più profonda ragione d'essere.

di Sandro Gozi


 
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