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La Sinistra, il principio di lealtà e la cultura del nemico politico
Commento pubblicato su l’Unità il 19 settembre 2015-10-12
 

La Sinistra che non si misura con il principio di realtà e con la sfida del governo è una Sinistra che si condanna alla semplice testimonianza. L’ambizione che invece ha Campo Democratico è quella di lavorare per riportare la politica al servizio del Paese: noi non ci vergogniamo dell’usare la parola politica, e di fare politica tra la gente.

La politica – la centralità della politica – è l’unico vero antidoto al populismo dilagante che attraversa non solo il nostro Paese, ma l’intera Europa. La realtà di oggi è quella di un partito impegnato nell’enorme sfida di governare l’Italia e di riportarla alla crescita. Nel corso dell’estate ho girato tante Feste dell’Unità, da Brescia a Messina, da Genova a Modena, e ogni volta che andavo nelle cucine a salutare i nostri militanti, tutti ci esortavano ad andare avanti. A non mollare, a continuare la nostra battaglia. Il nostro popolo ha ragione, e noi dobbiamo ascoltarlo.

Oltre al principio di realtà, conta anche il principio di lealtà. Lealtà istituzionale verso il Paese e lealtà verso chi ha la responsabilità di guidare il nostro partito. Un partito quando sta al governo può discutere, ma non tentare ogni giorno di azzoppare il suo Presidente del Consiglio. Può anche non trovarsi d’accordo, ma non può essere ostaggio di chi minaccia il Vietnam.

Dobbiamo superare la cultura del nemico politico. Dobbiamo tornare dunque al massimo a parlare di avversario politico, ma in questo concetto c’è tutta l’apertura a cercare altri orizzonti, anche fuori di noi, anche oltre il confine del partito, perché fare politica vuol dire convincere gli altri, anche chi non la pensa come noi, della bontà delle nostre idee.

Vogliamo offrire un luogo aperto in cui discutere prima di tutto di che partito vogliamo perché non abbiamo ancora costruito sui territori il nuovo partito che abbiamo promesso.

Una parte della vecchia politica, anche dentro il Pd, gioca al tiro al bersaglio contro Renzi. E’ allergica al leader forte. Vorrebbe che il segretario del Pd e il capo del governo fossero due persone diverse.

A me sembrano sofismi da Prima Repubblica. Una squadra ha bisogno di un capitano. La coincidenza tra capo del partito e capo del governo è un vantaggio per il Pd, un vantaggio per il governo e un vantaggio per il Paese. Il partito è un mezzo, e proprio qui sta il suo valore. Ai passi avanti che il partito ha fatto a livello nazionale non corrispondono però soddisfacenti progressi sul piano locale. Rispetto ai tempi della "ditta" tanto abbiamo costantemente un 10% di elettori in più. Alle europee il 15%. Ma cosa fa il partito per fidelizzarli?

Allora dobbiamo ripartire dai circoli, trasformandoli in quello che ancora non sono e cioè in avamposti culturali, nel luogo del dibattito politico e sociale. Certo, dovrebbero occuparsi molto meno di distribuzione di posti e molto di più di intercettare le esigenze della società e delle persone. Nei territori abbiamo bisogno di dibattiti aperti, anche a persone che non sono iscritte, che dobbiamo essere capaci di attirare. Abbiamo bisogno di costruire proposte valide, che siano il motore del confronto civile e non servano a organizzare correnti.

Ecco perchè dopo questo incontro nazionale promuoveremo una serie di iniziative sui territori. Vogliamo fare proposte che costringano gli iscritti, i non ancora iscritti e coloro che ci guardano da vicino, alla nostra destra e alla nostra sinistra, a confrontarsi con noi.

Abbiamo l’ambizione di riuscire a dialogare con schieramenti ampi, superando la sterile polemica quotidiana. E vogliamo allargare il dialogo perché siamo forti di due convinzioni. La prima, che molte divisioni di schieramento si superino facilmente davanti ai problemi reali. La seconda, che se la politica non si apre al confronto e all’ascolto, la realtà travolgerà la politica. La nostra vocazione è rimettere la politica al suo posto, cioè al centro dei problemi, grazie alla capacità di governarli.


 
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